Il 15 settembre si celebra san Porfirio il Mimo. Martire nel 362, fu un attore di professione, saltimbanco e teatrante di strada. Una leggenda narra che mentre rappresentava un parodia del battesimo cristiano, improvvisamente, fu toccato dalla mano divina e nel mezzo di una frase si inginocchiò dichiarando di volersi convertire al cristianesimo. L’imperatore Giuliano l’Apostata – ultimo imperatore romano pagano – presente allo spettacolo, divertito, pensò che la scena comica facesse parte dello spettacolo, ma quando si accorse che Porfirio faceva sul serio lo accusò di eresia e lo fece decapitare.
L’episodio non è documentato e appare improbabile: Giuliano l’Apostata fu infatti un imperatore illuminato che, pur rinnegando Cristo, lasciò praticamente libertà di culto ai propri sudditi, ma tant’è che così Porfirio passò alla storia e oggi è ricordato come il protettore degli attori di teatro e dei saltimbanchi.
Già che parliamo di attori e teatranti, vediamo cosa non bisogna mai fare per non attirare la malasorte. Gli attori sono forse la categoria più superstiziosa in assoluto.
Nessun attore indosserebbe mai qualcosa di viola: il viola è infatti il colore dei paramenti sacri durante il periodo quaresimale, periodo nel quale in passato era proibito mettere in scena spettacoli e rappresentazioni e gli attori – non lavorando – erano costretti a tirare la cinghia.
Guai anche a debuttare di venerdì o ad iniziare in tal giorno una nuova stagione teatrale.
Alcuni credono che se va bene la prova generale di uno spettacolo, andrà male la prima, e viceversa.
Se cade a terra il copione, gli attori entrano a malincuore in scena, certi che tutto andrà per il verso storto. Da evitare anche le rappresentazioni che contano tredici interpreti: uno di questi morirebbe entro breve.
Un’ossessione diffusa è anche quella relativa alle penne di pavone, che riflettono gli occhi del diavolo: tutto ciò che le ricorda, dalle tende alle scenografie, arazzi o disegni, portano un’incredibile sfortuna.
Da evitare in teatro anche l’ombrello aperto, sia in scena sia in platea. Le attrici credono che indossando in scena un abito da sposa, siano condannate a morire entro l’anno.
Nei camerini di teatro non bisogna mai fischiare (attirano i fischi del pubblico) né sentire musica.
Come augurio di buona sorte, prima di andare in scena, è abitudine tra gli attori dire tre volte “merda”. L’origine di questa consuetudine viene dai tempi nei quali a teatro ci si andava in carrozza. Se lo spettacolo era un successo, la gente accorreva numerosa, e la quantità di escrementi che gli animali lasciavano sulla strada e che il pubblico, involontariamente, portava all’interno del locale, era notevole. Dunque, tanta merda, tanto successo.
Infine, da evitare il tradizionale “buona fortuna”; ammesso, ma inutile, il “in bocca al lupo” (al quale si risponde “in culo alla balena”).