Due santi di tutto rispetto oggi, l’evangelista Matteo e il caritatevole Vincenzo Depaul. San Matteo, apostolo di Cristo e autore del primo Vangelo, è conosciuto anche come Levi, e di mestiere, prima di conoscere Gesù, faceva il pubblicano, cioè l’esattore delle tasse per i Romani.
I pubblicani erano odiati dal popolo Ebreo perché le tasse a loro versate non erano destinate allo Stato di Israele, bensì agli occupanti Romani che di fatto opprimevano gli ebrei. Il Matteo pubblicano a Cafarnao in Galilea dunque non godeva di grande stima da parte del suo popolo, che lo considerava un detestabile collaborazionista. Un bel giorno, davanti al banco dove Matteo riscuoteva le gabelle, passò Gesù, lo chiamò e gli disse “Seguimi”: da quel giorno, come per miracolo, basta tributi, finanze e Romani. Matteo si trasformò per diventare quello che conosciamo dai testi sacri: apostolo e autore del primo e unico Vangelo in lingua aramaica (gli altri furono scritti in greco), la lingua parlata allora dagli ebrei della Palestina. Per la sua professione Matteo è ricordato come patrono dai contabili, dagli impiegati del dazio, del fisco, dai doganieri, dagli esattori, dai ragionieri, dai cambiavalute, dagli addetti alla statistica e dalle guardie di finanza. La sua festa è il 21 settembre.
Tanti i proverbi che lo ricordano. Questo è romagnolo: Par san Matì e’ bon temp l’è fnì; la vindema l’as cminzarà e e’ temp us guastarà (Per san Matteo il buon tempo è finito; la vendemmia comincerà e il tempo si guasterà). La festa di san Matteo coincide con la fine del caldo estivo e con l’inizio della vendemmia.
San Vincenzo Depaul (in italiano De’ Paoli) visse in Francia tra il 1581 e il 1660. Poverissimo – per mantenersi fece il guardiano dei porci – dopo gli studi fu ordinato sacerdote, dedicandosi in seguito all’assistenza dei poveri e degli emarginati, come i galeotti e i bambini abbandonati.
Prima di affermarsi come religioso venne catturato da pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi, dove restò due anni, anche se molti sospettano che Vincenzo – che in gioventù non era certo uno “stinco di santo” – in realtà se ne fuggì di proposito per nascondere i debiti contratti nella conduzione di una scuola. Redento e tornato in Patria, istituì la Congregazione delle «Figlie della Carità» (Vincenziane), suore dedite alla cura dei poveri e dei malati. Nel 1625 fondò anche la Congregazione dei Lazzaristi, chierici regolari addetti alle missioni. È il patrono dei carcerati, degli schiavi, degli orfani e dei trovatelli. Si festeggia il 27 settembre. E’ di Vincenzo l’idea di istituire le Mense per i poveri, dove a Parigi, nella metà del ‘600, sfamavano fino a 2mila poveri ogni giorno.
Per la facile rima viene ricordato in diversi proverbi: il bolognese Par san Vinzinzein s’l’è un bel dè al srà bon al vein (Per san Vincenzo se è un bel giorno, ci sarà buon vino), ricorda che se per san Vincenzo il tempo è bello, ricorrenza prossima alla vendemmia, il vino sarà buono.
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Nel lunario i proverbi della vendemmia
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